Si chiude, almeno ufficialmente, una campagna elettorale che ha visto impegnati i quattro candidati alla Presidenza della Regione con le complessive 14 liste e 306 candidati che si giocano la partita per conquistare le 30 poltrone di consiglieri regionali. Una campagna elettorale brevissima con una partenza molto travagliata e caratterizzata da un periodo precedente nel quale la Lega ha posto il veto alla candidatura del Sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto e il Pd si è ostinato contro la candidatura del Governatore uscente, Mario Oliverio. Una campagna elettorale che sul piano nazionale è stata quasi ignorata nonostante la Calabria sia l’unica regione in Italia con il Pil in calo e l’unica regione in Italia ad avere tassi di disoccupazione oramai giunti alle stelle oltre al fenomeno oramai senza alcuna interruzione del continuo spopolamento con i giovani che vanno via. E mentre la Calabria è sempre più il Sud nel Sud e sempre più la maglia nera dell’intero Paese si è assistito paradossalmente ad una campagna elettorale dove non è emerso alcun progetto credibile e fattibile di sviluppo e di risoluzione per i tanti problemi che ne impediscono la crescita e l’inversione di marcia necessaria per poter ancora sperare ad un futuro diverso e positivo. Era ovvio che l’interesse nazionale venisse monopolizzato dalle regionali dell’Emilia Romagna, considerata l’ultima roccaforte di una sinistra sempre più in crisi di identità, ma la Calabria paga anche il prezzo di non avere più alcun leader calabrese che abbia un peso nei palazzi romani per come accadeva nella cosiddetta Prima Repubblica con politici come Riccardo Misasi e Giacomo Mancini e non sembra profilarsi all’orizzonte alcun profilo politico di un certo interesse. Con l’incognita di una crescente astensione dal voto a conferma di un sempre più marcato divario fra il popolo calabrese e la classe politica. Ma questa disaffezione dalla partecipazione politica e dal voto non preoccupa minimamente il ceto politico calabrese che trae forti vantaggi dal non voto. Controllare il 20-25% dell’elettorato che, in virtù della grande astensione, diviene poi la maggioranza dei votanti effettivi consente ai faccendieri della politica e a coloro i quali hanno costruito le loro immense fortune elettorali, di potere ed economiche di continuare a gestire il potere in eterno. La grane forza dei mestieranti e dei professionisti della politica è quella che viene originata dalla folle scelta di non recarsi alle urne consentendo ad una minoranza che vota per voto di scambio, per militanza nella ‘ndrangheta e per ragioni di piccoli interessi personali di decidere le sorti di tutti i calabresi, anche di quel milione di calabresi che non ha votato nel 2014 (dove su 1.845.000 aventi diritto al voto, se ne recarono alle urne in 836.000, il 44%) e che probabilmente non voterà neanche domenica prossima.
Redazione