L’emendamento alla finanziaria presentato dalla senatrice Valeria Valente a nome della Commissione Femminicidio per stanziare 4 milioni aggiuntivi all’anno per i centri antiviolenza nel triennio 2020-2022 ” è una buona notizia”, afferma Antonella Veltri, presidente di D.i.Re-Donne in rete contro la violenza, “ma ci auguriamo che siano destinati ai centri che rispondono alla definizione prevista dalla Convenzione di Istanbul, perché non basta aumentare i finanziamenti se non si verifica come e quando sono erogati, con che modalità le regioni li distribuiscono e che indicazioni arrivano dal Dipartimento Pari opportunità alle regioni”.
Cosi’ in una nota la rete nazionale dei centri antiviolenza D.i.Re. “I fondi arrivano dopo molti mesi dall’inizio delle attività- denuncia Mariangela Zanni, consigliera D.i.Re del Veneto- e non sono uniformi i criteri con cui le regioni distribuiscono i finanziamenti”. In Lombardia “la Regione distribuisce i fondi come fossero propri e persevera nel ricatto economico ai centri antiviolenza che non forniscono i codici fiscali delle donne.
Questa modalità penalizza questi centri che non vengono finanziati”, fa notare Cristina Carelli, consigliera D.i.Re della Lombardia. “Sono cinque le operatrici di Thamaia che quest’anno sono state costrette a cercarsi un altro lavoro. Investiamo per formarle e poi perdiamo le risorse umane a causa dei ritardi e dell’esiguità dei finanziamenti, una cosa frustrante”, aggiunge Anna Agosta, consigliera D.i.Re della Sicilia- Stiamo parlando comunque di risorse infinitamente più ridotte del miliardo di euro che la Spagna, per esempio, destina alla prevenzione e al contrasto della violenza contro le donne”.
“Stessa situazione in Calabria- nota la presidente Veltri, che e’ attivista nel centro antiviolenza Roberta Lanzino di Cosenza- È solo il massiccio ricorso al volontariato a consentire ai centri di continuare a funzionare”.