Già nel 2019 il tasso di disoccupazione della Calabria, da quando si legge nel rapporto di Eurostat, si attestava al 21%, fra i più alti di ben 239 regioni europee esaminate da Eurostat, e, quindi, la situazione era già di per se drammatica e preoccupante ma ora per effetto della terribile crisi provocata dalla chiusura della stragrande maggioranza delle piccole aziende per il Coronavirus si rischia la catastrofe. In realtà il tessuto produttivo calabrese è stato sempre fragile, anzi fragilissimo. Mai si è avviata una vera politica meridionalista mirata a colmare il terribile Gap che differenzia il Nord dal Sud, ma negli ultimi venti anni, all’interno dello stesso Mezzogiorno si è verificato un fenomeno di sviluppo a macchia di leopardo che ha notevolmente differenziato le stesse aree che lo compongono. Certamente il tessuto produttivo e soprattutto l’industria turistica della Puglia non è quello della Calabria, nonostante le bellezze naturali e paesaggistiche della Calabria non abbiano nulla da invidiare alla stessa Puglia. Ma i fattori che fanno della Calabria il Sud nel Sud sono molteplici e talmente dibattuti che è anche stancante ed inutile elencarli. Da una classe politica di incapaci e di predoni, da una criminalità soffocante e da un popolo incapace di farsi sentire o di farsi valere ancorato da sempre a quella cultura dominate del servilismo e del piccolo favore scambiato con il voto. Ma ora tutto questo “sistema” fatto di lavoro nero, di lavoro alla giornata, di espedienti, di piccoli traffici, di illegalità diffusa ed ambientale con un apparato giudiziario inefficace, rischi di implodere. Di non essere più sufficiente a garantire quella pace sociale dell’arrangiarsi che ha comunque garantito di “tirare a campare”. partendo da quel 21% di disoccupazione di base con la chiusura inevitabile di tante piccole aziende, di tanti piccoli artigiani e con la scomparsa della possibilità di lavorare a “nero” potrebbero aprirsi scenari preoccupanti e devastanti. Quel 21% di disoccupazione potrebbe divenire un 35 – 40% reale non fittizio coperto, come è stato finora, da quell’economia sommersa che ha consentito di vivere e sopravvivere. Potrebbero crearsi realmente le condizioni per scenari di protesta in Calabria finora inimmaginabili e che non storicamente non si sono mai verificati. Il Coronavirus ha manifestato chiaramente la debolezza di un Paese stremato e non solo sul piano sanitario ma nell’ambio del Paese la preoccupazione più forte è quella questione meridionale mai risolta e mai affrontata seriamente con regioni come la Calabria che potrebbero pagare prezzi altissimi per il menefreghismo dello Stato a livello centrale e per le scellerate scelte del popolo calabrese verso la selezione di una classe politica dannosa e deleteria che ha impoverito e distrutto la sventurata terra di Calabria. Anche se, purtroppo, per come amava spesso ripetere nell’antica Grecia il grande Aristotele “Ogni popolo ha il Governo che merita”.
Gianfranco Bonofiglio