“Le misure varate dal governo appaiono più orientate a prevenire i rischi del sistema bancario che alle Pmi”. Questo il giudizio della Cna, secondo cui vi è anche un’attenzione alla imprese di maggiori dimensioni più che alle piccole e per
vederne gli effetti occorrerà verificarne il funzionamento. “Alle banche vengono dati margini di discrezionalità che per esperienza sappiamo che tendono a penalizzare le imprese più piccole”, fa notare Mario Pagani, responsabile credito di Cna, secondo cui rispetto a precedenti interventi, si osserva un significativo allargamento della platea delle imprese interessate, un innalzamento della copertura del Fondo di Garanzia, da 2,5 a 5 milioni di euro per impresa, l’intervento di Cdp rivolto anche ad imprese fino a 3.000 dipendenti. Tutto ciò fa pensare che “siamo ben al di la’ di azioni rivolte alle piccole imprese”. “La sensazione – spiega all’AGI – è che l’insieme degli strumenti forse non ce la farà a sostenere
l’imprenditoria diffusa che rischia di andare in crisi di liquidità e poi di chiudere”. Secondo Pagani, non si riesce a trovare “la chiave giusta per sostenere le piccole imprese che rappresentano il tessuto economico italiano, visto che il 98% delle imprese hanno meno di 50 dipendenti e il 95% meno di 10 dipendenti”. Per Pagani, “in questa fase si deve trovare il modo di rivitalizzare strumenti quali i Confidi che invece vengono marginalizzati molto, ridisegnando il loro ruolo, prevedendo che possano diventare strumenti necessari per far affluire credito alle imprese piu’ piccole, visto che hanno competenze e conoscenze di quel mondo. Sarebbe un intervento più chiaro per far arrivare soldi alle piccole imprese, rispetto a strumenti atti a difendere il sistema bancario”. Un effetto evidente delle crisi del 2008 prima, e del 2011 poi – sottolinea Cna – è stato il costante allontanamento del mondo del credito dalla micro e piccola impresa. Il rischio è di ritrovarci all’indomani dell’emergenza con una architettura di strumenti ancor più lontana da questo mondo, ovvero dall’economia reale, visto che rappresenta il 98% della nostra economia”.
Fonte Agi