A livello nazionale negli ultimi dieci anni in relazione ai finanziamenti dello Stato per la sanità pubblica sono stati effettuati tagli continui per un totale di ben 37 miliardi. Nel 2000 l’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità poneva l’Italia al secondo posto nel mondo per garanzia di accesso alle cure pubbliche. Un primato oramai perso nel tempo. Negli ultimi anni ha, invece, prevalso il progressivo abbandono del sistema della sanità pubblica a vantaggio del sistema privato accreditato. Cioè servizi di erogazione di cure erogate da cliniche e strutture private ma rimborsate dallo Stato con gli accreditamenti che vengono effettuati dalle Regioni e che si adeguano a determinati budget. Spesso e sovente tali budget vengono sforati e spesso e volentieri i rimborsi seguono strade molto lente. Lentezze che determinano migliaia di contenziosi legali corredati da parcelle altissime e da interessi che galoppano con aggravio di bilanci della Asp che, in alcuni casi come nella Asp calabresi, sono oramai delle voragini. L’Osservatorio della Fondazione Gimbe ha lanciato la campagna “salviamo la sanità pubblica” sotterrata dal malaffare che dilaga e dall’espansione del settore privato. Discorso a parte per la sanità del Sud e all’interno dello stesso Sud ancora più grave è la problematica della gestione della sanità in Calabria. Innumerevoli le inchieste giudiziarie che hanno coinvolto il mondo della sanità. Fin dalla Prima Repubblica. Chi dimentica il potentissimo Francesco Macrì, per i nemici detto Don Ciccio “Mazzetta”, presidente di una delle vecchie “USL”, la USL n. 27 di Taurianova, che divenne famoso in Italia dopo il reportage che gli dedicò il giornalista Joe Marrazzo sulla gestione della sanità nella provincia di Reggio, grande portatore di voti dei vecchi notabili democristiani che venivano eletti con oltre 100.000 preferenze. Chi dimentica le tante inchieste di mafia e sanità nel reggino negli anni ’70 e anni ’80 che hanno coinvolto esponenti del vecchio Psi e della vecchia Dc. Chi può dimenticare l’omicidio del Vicepresidente del Consiglio Regionale, Fortugno, collegato agli interessi della mafia nel mondo della sanità. Chi dimentica quante volte sono state commissariate per mafie le Usl e le Asp in Calabria. Per scrive un dettagliato “report” sul rapporto “mafia – corruzione – sanità” non basterebbe per la Calabria una Enciclopedia Treccani. Tutti i calabresi sono perfettamente consapevoli che tanti politici calabresi che da decenni e decenni sono sulla scena politica lo devono al loro potere gestito nella sanità. La sanità è il vero cuore, è la madre di tutte le tangenti, è il condensato della corruzione endemica che ha distrutto la nostra terra. E’ ora che la sanità passi al centralismo romano e che la Regione sia estromessa. Ma questa è solo utopia. Oggi se ne riparla perché è giunta, purtroppo, l’emergenza coronavirus. Quando l’emergenza passerà, e ce lo auguriamo tutti il più presto possibile, tutto ritornerà nella “normalità”. La sanità pubblica continuerà ad essere mortificata. La sanità privata accreditata (ovviamente non tutta) continuerà ad essere il serbatoio e la gallina dalle uova d’oro di imprenditori in odor di mafia collegati a politici collusi e tutto continuerà come sempre. Questa è la storia della Calabria.
Gianfranco Bonofiglio