Oramai i calabresi sono abituati da anni a spettacolari arresti di personaggi politici accusati di voto di scambio, di corruzione elettorale e di contati con le organizzazioni criminali con il fine di chiedere voti. E’ una storia oramai decennale. Non si contano gli arresti di personaggi politici sin dagli albori della vecchia Prima Repubblica accusati in numerose operazioni giudiziarie di rapporti con le cosche. Chi non ricorda noti esponenti della vecchia Dc e del vecchio Psi sin dai primi anni ’80 che nella provincia di Reggio Calabria subivano gli arresti sempre plateali, poi i processi dove spesso le accuse si mitigavano e comunque rimanevano sempre in auge nel mondo politico.
Se si dovesse scrivere la storia delle dieci legislature regionali dalla prima del 1970 all’ultima appena finita e si dovesse fare l’elenco dettagliato di quanti consiglieri regionali sono stati accusati di voto di scambio e di collusione con le cosche l’elenco sarebbe certamente non trascurabile. Ma nonostante ciò tale costante non trova soluzione. Finanche all’inizio della nuova e undicesima legislatura e prima della celebrazione della prima seduta consiliare già un consigliere appena eletto è agli arresti domiciliari. Ma come è possibile tutto ciò. la spiegazione è semplice e palese.
Esistono da decenni zone della Calabria dove il controllo capillare del territorio da parte delle cosche si esplicita con un equivalente controllo del voto. E’ così da sempre. Ha ragione Nicola Gratteri quando sostiene che il 25 – 30% del voto in Calabria è controllato dalla ‘ndrangheta. In alcune zone della Calabria la percentuale è ancora più alta. A tal punto quale potrebbe essere una soluzione per affrontare con coraggio questa situazione oramai incancrenita da decenni. I partiti non sono assolutamente in grado di agire in tal senso. Per i partiti i voti non hanno mai avuto odore, come i soldi, e l’importante è prenderli. A livello romano non vi è mai stata la vera volontà di agire. Si potrebbero togliere le preferenze anche per le regionali ma poi a decidere le liste e, quindi, i nominati sarebbero sempre gli stessi partiti che decidono le candidature.
Può la magistratura da sola sostituirsi a quella Primavera sociale ed etica necessaria per un vero cambiamento?. Può in Calabria realizzarsi concretamente una vera “Primavera etica e sociale” che in tanti attendono invano da anni? Una domanda finora senza risposta.
Gianfranco Bonofiglio