L’informazione ha il sacrosanto dovere di non essere allarmista e di non creare condizioni di panico ma non vi è alcun dubbio che ha anche il dovere di denunciare quello che non funziona e di essere “il cane di guardia della democrazia” come sosteneva il grande maestro Indro Montanelli. Non vi è dubbio che la repentina scelta di tantissimi calabresi, migliaia e migliaia, di lasciare le loro residenze al nord in Veneto ed in Lombardia per ritornare in Calabria appena la diffusione del Coronavirus è divenuto notizia non è stata probabilmente la scelta migliore, come tutte le decisioni prese repentinamente e senza la dovuta calme per valutarne le positività e le negatività. Eclatante il caso del primo calabrese affetto da Coronavirus giunto da Milano con il bus con la necessità ora di porre in quarantena tutti i 25 passeggeri che hanno viaggiato insieme a chi oggi è giustamente in quarantena ed in osservazione nella sua casa di Cetraro. Quello che preoccupa è la palese ed evidente differenza fra il sistema sanitario della Lombardia e quello della Calabria. Due mondi diversi. In Calabria la sanità, figlia della politica e della dissennata gestione clientelare, amicale, mafiosa e truffaldina dell’Ente Regione da sempre inquinato e crocevia del rapporto politica – ‘ndrangheta e del rapporto corruzione ed affari è quella che è e che tutti conoscono. Ovviamente il discorso non si può generalizzare, esistono anche isole felici e oasi nelle quali la sanità funziona e questo vale anche per la politica. Ma nella maggioranza vi è senza dubbio una grande difficoltà ed enormi disfunzioni. E in un tessuto sanitario malato e debole come si potrà affrontare il Coronavirus, come si riuscirà a garantire un livello di azione pari alla Lombardia e al Veneto? Una domanda alla quale è difficile dare risposta augurandoci tutti che in Calabria il Coronavirus ci solo lambisca e che tutta la vicenda possa risolversi al più presto.
Redazione