Pensioni: c’è chi riceve l’assegno da 40 anni. Un sistema vergognoso

pubblicato da Gianfranco Bonofiglio
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Si discute di pensioni, ma poco si parla di chi riceve l’assegno da 40 anni. Un sistema che si potrebbe definire vergognoso dal momento che oggi l’età per andare in pensione di vecchiaia è fissata a 67 anni e si pensa, ancora, a una riforma che sia strutturale e che serva a creare un sistema molto più sostenibile. Senza contare i giovani che a oggi rischiano di andare in pensione a 71 anni, tra lavori precari, occupazione intermittente e contributi iniziati a versare alla soglia dei trent’anni. Ecco perché quando si parla di chi è in pensione da 40 anni, dei famosi baby pensionati, 600mila, si registra il malcontento di chi deve lavorare, ma vorrebbe godersi la pensione, soggetto a continui cambi di registro da parte del governo. Si penserà forse che 600mila sia una cifra irrisoria? In realtà non lo è dal momento che le baby pensioni, insieme ad altre misure davvero poco ortodosse, hanno portato alla legge Fornero. Bisogna ricordare che per la riforma del 2011 ci sono gli ultimi 6.000 esodati che aspettano ancora la riapertura dei termini dell’ottava salvaguardia. Quanto queste baby pensioni abbiano gravato sull’economia italiana e sul sistema previdenziale del nostro Paese lo riporta, nel suo settimo rapporto, Itinerari previdenziali. Un sistema vergognoso quello creato nel mondo delle pensioni negli ultimi 50 anni se c’è chi dagli anni ’80 percepisce l’assegno e sono oltre 600mila. Una domanda può sorgere spontanea a quei lavoratori che devono aspettare i 67 anni per la pensione non avendo maturato i requisiti per l’anticipo o anche a quei giovani che temono per il proprio futuro: perché dobbiamo pagare lo scotto delle politiche scellerate del passato? Perché – potrebbe chiedersi un giovane – il mio lavoro sostiene chi prende la pensione da tempo immemore? Itinerari previdenziali nel suo Settimo rapporto sul sistema previdenziale ha fatto luce su una questione spesso dimenticata, ma che di tanto in tanto ricompare nei pranzi di famiglia: i baby pensionati, la vergogna della Prima Repubblica. Dal rapporto si evince che le baby pensioni di chi prende l’assegno da 40 anni insieme ai prepensionamenti anche di 10 anni abbiano inciso sul Pil e abbiano portato poi alla riforma lacrime e sangue della Fornero nel 2011. Ma quali sono i numeri? Oltre 600mila sono gli ex lavoratori nel settore privato e pubblico che sono in pensione da quasi 40 anni. Come si legge nel rapporto: a gennaio 2019 l’INPS ha pagato 652.687 pensioni previdenziali che durano da 38 anni (nel 2018 l’INPS ne ha pagate 758.372); 585.860 sono prestazioni IVS (Invalidità, Vecchiaia e Superstiti) del settore privato di dipendenti e autonomi (artigiani, commercianti, agricoli) e di questi 471.093 (80,4%) sono donne e 114.767 (19,6%) sono uomini. 66.827 sono le pensioni dei dipendenti pubblici in congedo da 38 anni e più e anche in questo caso la maggioranza sono delle donne (44.734) il 66,9% e 22.093 degli uomini (33,1%). In questo caso si parla del 17,5% delle pensioni, vale a dire una su 5, con il calo tra il 2018 e il 2019 che abbiamo sopra evidenziato. Il rapporto ha calcolato anche l’età media dei soggetti che hanno beneficiato delle pensioni precoci precisando tuttavia che il calcolo della stessa non tiene conto dei decessi e in particolare: nel settore privato l’età media è di 43 anni e mezzo (41,7 anni gli uomini e 44 le donne); nel settore pubblico l’età media è di 42 anni e mezzo (41,1 gli uomini e 43,2 le donne). Alle baby pensioni si aggiungono i pensionamenti anticipati anche di 10 anni e su questo fronte gli assegni del settore privato pagati dall’INPS nel 2019 sono 236mila. Quanto gravano le baby pensioni sul sistema? Ma quanto gravano le baby pensioni sul sistema previdenziale? Quanto incidono i prepensionamenti? L’INPS, come il rapporto che ha analizzato bene la situazione del nostro sistema pensionistico ha messo in luce, ha registrato negli ultimi 2 anni un pesante disavanzo che a fine 2018 è stato di 7.839 milioni. Il peggioramento della situazione patrimoniale dell’Istituto è stata causata da politiche sbagliate, laddove dal settore dell’agricoltura ai comparti della siderurgia, carta e porti si sono registrati prepensionamenti anche di 10 anni e oltre. A questo si aggiungono anche aziende come Fiat, Olivetti, Ferrovie dello Stato, Alitalia e Poste insieme alle baby pensioni del pubblico impiego. Come si legge nel rapporto: “Tutto ciò ha prodotto pesanti effetti negativi sul debito pubblico e sull’incidenza della spesa pensionistica sul PIL che tanti problemi ha creato con l’UE e ha contribuito a creare disavanzi che hanno portato all’adozione della c.d. Riforma Monti-Fornero”. È chiaro dunque che se oggi ci sono ancora gli esodati, se si discute di un’età pensionabile troppo alta o troppo bassa, il problema nasce proprio da chi ha avuto la possibilità di andare in pensione quando era molto giovane e nel pieno delle forze. Dal pubblico impiego per fare un esempio ci si poteva congedare anche con soli 19 anni, 6 mesi e un giorno di contributi, le donne sposate e con figli anche con 14 anni, 6 mesi e 1 giorno. Questo significa che si poteva andare in pensione ben prima dei 40 anni, un’età questa in cui spesso oggi si vive ancora nella precarietà. Dobbiamo quindi pensare che un 40enne che oggi lavora finanzia le pensioni di chi ha lavorato per una piccolissima parte della sua vita, laddove la spesa delle baby pensioni supera ogni anno i 7 miliardi. Sono anche più di 40 gli anni di politiche sbagliate, se si considera che le baby pensioni sono state introdotte nel 1973 dal Governo Rumor (negli anni ‘80 si andava in pensione prima dei 50 anni e fino all’81 ottenere la pensione di invalidità era cosa facile) a cui si è cercato di porre rimedio dagli anni ‘90 con un aumento dell’età pensionabile fino ad arrivare ai 67 anni di oggi. Ma se politiche di questo tipo hanno pesato così tanto sul sistema previdenziale quanto peserà Quota 100? E in che direzione dovrà andare la riforma che il governo deciderà di attuare sul fronte delle pensioni? Come sostengono i ricercatori di Itinerari Previdenziali: “Ci vorranno ancora molti anni per ridurre queste anomalie che ancor oggi appesantiscono il bilancio del sistema pensionistico; errori quindi da evitare compreso quello di quota 100”.Articolo scritto da Teresa Maddonni.

Fonte: www.money.it

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