Come sia possibile che nel 2020 in un mondo digitale sia ancora possibile registrare valanghe di errori nei conteggi dei voti nel momento dello scrutinio elettorale, come sia possibile trascrivere cifre errate, fare somme elementari anch’esse errate, interpretare in modo incredibile alcune norme elettorali finanche quella chiare e comprensibili rimane un mistero. Certo è che i conteggi delle sezioni della circoscrizione Nord, quindi le sezioni della provincia di Cosenza, per le regionali del 26 gennaio presentano una serie di irregolarità da far accapponare la pelle. E’ vero che sugli scrutini abbiamo avuto sempre il record nazionale della maggiore lentezza e della maggiore imprecisione ma in ogni tornata elettorale si riesce sempre in quello che appare impossibile, fare peggio della tornata elettorale precedente. Ma perché si arriva a tutto ciò. Come mai in Emilia Romagna hanno proclamato gli eletti, nominato la giunta e fissato il primo consiglio regionale e da noi si è sempre così lontani dal resto del Paese?. La risposta è molto semplice. Il motivo risiede nel fatto che in ogni espressione del “sistema” sociale calabrese vi è sempre la politica e la sua essenza, cioè la “raccomandocrazia”, quel sistema che compie la selezione di chi è chiamato ad assolvere qualsiasi compito, compreso quello di scrutatore o presidente di seggio, con il criterio dell’amico, del conoscente e mai di una parola ai calabresi sconosciuta, quel maledetto e stramaledetto “merito” che consentirebbe a chi è capace di assolvere il proprio compito senza commettere errori. Si registrano casi di più voti che numero di votanti, di numero di preferenze maggiori di quelli dei voti di lista, di cancellature indecifrabili sui verbali di scrutinio, di somme sbagliate e poi rettificate, di sezioni nei cui plichi consegnati mancano addirittura i verbali finali. Di tutto e di più. Ma è Possibile che non si possa istituire un albo permanente per i Presidente di seggio e gli scrutatori costituito dalla richiesta di qualche conoscenza e con la frequentazione di un apposito corso professionalizzante in modo da evitare scempi e ritardi di ogni genere. Potrebbe essere una soluzione abbastanza semplice almeno per migliorare lo stato dell’arte, sempre più deficitario. Ma, invece, tutto deve sempre essere gestito nel solito “sistema” del piccolo favore, dell’amico dell’amico. Quel “sistema sociale” che ha ridotto la Calabria in questo stato comatoso in cui si trova e che impedisce qualsiasi sviluppo. Un “sistema” al quale i calabresi continuano a non ribellarsi vivendo in una condizione di accettazione passiva non più tollerabile, se si vuole davvero avviare un profondo e reale cambiamento. Se non è già troppo tardi.
Gianfranco Bonofiglio