Sono lontani, anzi lontanissimi, i tempi di quando i calabresi decidevano chi dovevano essere i candidati chiamati a concorrere per il Governo della Regione. Sono lontani i tempi di quando la formazione politica iniziava nelle sezioni, nelle organizzazioni giovanili dei partiti, quando la politica era servizio, era militanza, era impegno, era vera politica. Oggi è tutto cambiato. Gli elettori non contano più nulla, i calabresi ancora meno. Oggi i candidati si scelgono dall’alto. Vengono scelti nel chiuso delle segreterie romane con veti e controveti e da personaggi che della Calabria non conoscono nulla di nulla. Oggi i candidati sono dei “nominati”. Possibilmente, per seguire la moda del momento, che siano candidati “civici” o della “società civile”, quindi fuori dal mondo della politica che, per esclusione, è ovviamente il mondo della “società incivile”, anche se poi a decidere sono personaggi che nella vita hanno fatto e vivono solo di politica. Nonostante i “civici” ed i “tecnici” abbiano sempre clamorosamente fallito, come se governare una terra come la Calabria sia facile o sia per tutti. A poco più di un mese dalla presentazione delle liste per le prossime regionali del 26 gennaio, caso unico in Italia, i calabresi ancora non conoscono il candidato del Pd come non conoscono il candidato della coalizione di centrodestra. Una situazione paradossale, assurda che dimostra come la “Colonia Calabria”, sia considerata un territorio da abbandonare a se stesso, un territorio al quale dedicare qualche minuto per decidere chi candidare, senza alcun programma, senza alcuna strategia condivisa. Nel centrodestra tutti in attesa del fatidico incontro fra Salvini, Meloni e Berlusconi per decidere “il miglior candidato possibile” tanto per usare un termine caro al leader della Lega, Matteo Salvini. Ovviamente il miglior candidato possibile a giudizio dei tre leader e non certamente a giudizio dei calabresi che dalla scelta sono completamente esautorati. Un “sistema” politico assurdo che mortifica i territori, che annulla la democrazia a favore di una ristretta oligarchia che decide su tutti. Del resto la Calabria è da sempre sottomessa ai poteri romani. Solo in Calabria era possibile tutto ciò. Una terra rassegnata, una terra sottomessa e silente. Ma non è detto che le imposizioni romane non possano tramutarsi in un grande flop. Nel centrosinistra il Governatore uscente, Mario Oliverio, potrebbe correre da solo con cinque – sei liste ed avere dalla sua gran parte del Pd del territorio infliggendo al candidato del Pd che lo stesso partito a livello nazionale non riesce ancora a trovare una sonora sconfitta. Come non è detto che nel centrodestra fra veti e controveti il Sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto, possa decidere di correre da solo affiancato da quattro – cinque liste civiche e rendere, in tal modo, la certa vittoria del centrodestra alquanto incerta. E se a questo si dovesse aggiungere la non vittoria in Emilia Romagna, territorio nel quale Matteo Salvini è impegnato quotidianamente da tempo, allora forse aver posto veti e controveti ed aver considerato la Calabria come una colonia potrebbe rilevarsi una scelta politicamente alquanto deleteria.
Redazione