Castrovillari, Saracena e il Pollino terra di tartufi e tartufai. Sono ormai più di venticinque anni che nelle due città e negli altri comuni posti ai piedi del massiccio calabro-lucano, è attiva la raccolta dei pregiati tuberi. Una pratica (che riguarda anche altre zone della regione come le Serre e la Sila), iniziata quasi per caso, come semplice hobby, e che, in alcuni casi, superata una prima fase caratterizzata da estrema confusione, si è trasformata in occasione di reddito e di lavoro con la presenza ormai di autentici “trifolau”, cercatori esperti come ce ne sono in altre regioni più vocate del Paese.
Le varietà che è possibile reperire, in diversi periodi dell’anno, nella zona del Pollino, a dimostrazione della ricchezza della biodiversità del territorio, sono diverse: si va dal Tuber mesentericum (tartufo nero) e Tuber magnatum (tartufo bianco pregiato) ma non mancano anche i Tuber aestivum (tartufo estivo o scorzone), Tuber aestivum (uncinato), Tuber brumale ( tartufo nero d’inverno). Tutti prodotti della terra che, oltre ad essere apprezzati e venduti ai consumatori, si caratterizzano come autentiche eccellenze gastronomiche in grado anche di arricchire e rendere sempre più variegati i menu di molti ristoranti di alta cucina regionale.
Da tempo le peculiarità del fungo ipogeo, tipico della zona del massiccio che segna i confini nord della regione (Saracena, unica in Calabria, fa parte a pieno titolo dell’Associazione Città del tartufo), sono oggetto di una ricerca avviata in tandem dall’Istituto di Bioscienze e Biorisorse della sede di Perugia del Cnr e dai divulgatori agricoli del Ceda di Castrovillari dell’Agenzia regionale per lo sviluppo agricolo (Arsac). Al centro degli sforzi scientifici, c’è l’acquisizione, attraverso analisi, procedure e protocolli dedicati, del maggior numero di elementi utili a definire il Dna di queste specie locali. Un lavoro sostenuto dal Comune di Castrovillari che, come ha spiegato di recente il sindaco, Domenico Lo Polito, nel corso di un incontro dedicato al tema, punta a definire una “carta d’identità” dell’ecotipo autoctono del pregiato fungo ipogeo. Tesi fatta propria anche dal presidente del Parco nazionale del Pollino, Domenico Pappaterra che ha espresso la volontà di proseguire nello studio con la firma di una convenzione da parte dell’Ente e lo stanziamento di fondi.
Fonte: Ansa